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220317 Leah Series

Le organizzazioni e i product manager

di Leah Tharin

Puoi anche leggere questo articolo in Tedesco, Inglese, Spagnolo e Portoghese.

Un buon product manager fa la differenza e ama le sfide insite nel proprio lavoro, ma come si declina tutto ciò all’atto pratico?

In questa serie, I prodotti & i loro manager, Leah Tharin, che ricopre il ruolo di Product Lead presso Smallpdf, punta ad illustrare il rapporto tra prodotto e product manager e il delicato equilibrio che deve essere raggiunto per ottenere risultati che non siano solo d’impatto, ma anche efficaci e sostenibili nel lungo periodo.

Nei primi due articoli di questa serie, composta da quattro articoli in tutto, abbiamo parlato di diversi modi di concepire il prodotto e di come questi possono influenzare le opportunità di innovare e le modalità con le quali si innova. Questo articolo illustrerà come viene concepito il product manager in un contesto più moderno e come, con le condizioni adatte, questo ruolo può portare risultati e, al contempo, essere piacevole.

Non hai ancora letto i primi due articoli di questa serie? Dai un’occhiata: “Definire il prodotto ci permette di migliorarlo” e “Il modo di concepire il prodotto e l’innovazione”.

Che cosa c’è in un nome?

 

Sul lavoro i titoli e le qualifiche possono essere divertenti, ma possono anche creare fraintendimenti. Anche se offrono una vaga idea di ciò in cui consiste il lavoro e corrispondono alle aspettative di chi ricopre una certa posizione in merito alle cose di cui si deve occupare, se il ruolo non è definito con chiarezza, è possibile che si vengano a creare dei malintesi.

Se da un lato non esiste una verità universale o una definizione precisa quando si parla di product manager, io penso a ciò in cui dovrebbe consistere il loro lavoro in termini moderni, posto che, di fatto, il loro obiettivo finale sia avere un impatto sulla vita dei clienti e cogliere al volo le opportunità di crescita, non dimenticandosi della passione per il proprio lavoro e per le sfide che presenta.

Le condizioni per un product management ottimale

Affinché tutti gli obiettivi che ho appena citato vengano raggiunti contemporaneamente, io sostengo che vadano soddisfatti due requisiti: la coscienza condivisa e la responsabilizzazione. Analizziamoli in maggiore dettaglio.

Coscienza condivisa

Nota anche come coscienza collettiva, si tratta dell’insieme di convinzioni condivise da un gruppo specifico, come un team o un’organizzazione nella sua totalità. La coscienza condivisa o collettiva è un concetto che qualunque Product Manager deve comprendere appieno per portare i migliori risultati possibili.

Contribuire alla crescita di questa coscienza condivisa significa condividere informazioni, anche con i pari che potrebbero non essere direttamente interessati dalle stesse. In pratica è l’opposto del principio need to know, in base al quale le informazioni vengono condivise esclusivamente con chi ne ha bisogno per portare a termine i propri compiti.

Cosa significa all’atto pratico?

Significa che i product manager dovrebbero condividere quante più informazioni possono in merito a un processo, a una strategia o a un’indicazione. Tornando ai due articoli precedenti di questa serie, non si dovrebbero mostrare loro le caratteristiche che devono produrre, ma piuttosto quali problemi specifici devono essere risolti, facendo chiarezza su un elemento fondamentale: il contesto.

Responsabilizzazione

Responsabilizzare significa dare a qualcuno l’autorità e la possibilità di fare qualcosa. Delegare, fidarsi e lasciare che siano gli altri a decidere cosa va fatto, senza ostruire o fare i controllori, sono i comportamenti chiave che favoriscono la responsabilizzazione.

Da product manager, hai fiducia nel fatto che il tuo designer sia in grado di creare un buon design per un’interazione complessa, insieme al suo team e grazie ai metodi che utilizzano? Se è così, allora non dovrebbero venire a chiederti il permesso per ogni cosa, ma piuttosto chiederti un feedback e decidere qual è la soluzione migliore. Chiedere il permesso cambia completamente la dinamica dell’interazione, che finisce così per essere caratterizzata dall’eccesso di dipendenza e dalla deresponsabilizzazione. La tendenza migliore, che responsabilizza e che andrebbe coltivata qui, è quella della cultura del feedback; quest’ultima fa in modo che i team abbiano controllo sul proprio processo decisionale e che ricevano informazioni su ciò che hanno fatto, una volta che l’hanno fatto.

Ricoprire un ruolo manageriale dicendo agli altri come devono fare il proprio lavoro, nonostante si abbiano meno informazioni sul contesto rispetto a loro, porterà al micromanagement, che a sua volta porta quasi sempre il team a non avere il margine di manovra necessario per agire, anche se ha una visione d’insieme sufficiente per prendere decisioni informate:

Io non conto. Non posso occuparmi dei problemi che conosco. Il mio capo pensa di sapere meglio di me come si fanno le cose.

Un dipendente sottoposto a micromanagement

La domanda più importante è: il valore aggiunto che viene dal responsabilizzare le persone supera gli inconvenienti legati agli sporadici errori causati da questa responsabilizzazione? Io sono assolutamente convinta che la risposta sia sì.

Chi è dunque un buon (product) manager?

 

Il primo della classe

Una visione dominante, ma ormai obsoleta, vede il manager come il primo della classe. Ciò deriva da due fattori, ossia da un accesso alle informazioni sul contesto che è privilegiato rispetto a quello degli altri membri del team e dalla convinzione, poco realistica, che il manager possa sempre capire tutto meglio di chiunque altro.

L’intero è maggiore della somma delle sue parti

Un altro modo di concepire il management parte dal presupposto che il team nella sua interezza sia meglio di uno qualsiasi degli individui che lo compone, incluso il o la manager, e che coinvolgendo tutti in ogni questione, arriveranno subito soluzioni inattese cui nessuno aveva pensato prima. Questo tipo di approccio funziona soltanto se sono state gettate solide fondamenta per una coscienza condivisa. Se tutti conoscono le ragioni alla base delle iniziative dell’azienda e del team in modo sufficientemente dettagliato, si avranno le informazioni necessarie e una base sufficiente affinché questo tipo di approccio funzioni.

Contesto e responsabilizzazione

 

La visione d’insieme è dannosa in mancanza di responsabilizzazione. Come è vero l’inverso: la responsabilizzazione è dannosa senza una visione d’insieme. Se i team hanno una visione d’insieme e sanno ciò che deve essere fatto, ma non possono cambiare le cose, diventeranno presto frustrati e cominceranno a sentirsi poco importanti. Viceversa, essere responsabilizzati senza capire il contesto in cui ci si muove porta a prendere decisioni affrettate e infelici.

Dovendo proprio elencarli in ordine di importanza, direi che è necessario prima di tutto fornire informazioni sul contesto e poi delegare a un team responsabilizzato.

Anche se trovare un equilibrio tra informazione sul contesto e responsabilizzazione non è necessariamente qualcosa che avviene in tutte le organizzazioni, grazie alla sua semplicità e replicabilità, questo modello può essere usato dappertutto, all'interno di qualsiasi attività e in team di tutte le dimensioni. Con un giusto equilibrio e con un investimento da parte del product manager al fine di coltivare un team informato, in sintonia e responsabilizzato, i progetti, i prodotti e le iniziative hanno le migliori possibilità di portare il massimo dei risultati, quando e dove ha più importanza.

Ti è piaciuta questa serie fino ad ora? Non perdere la prossima puntata sui product manager: parleremo di come possono definire gli obiettivi e ampliare il proprio team.

Articolo tradotto e adattato in italiano da Giuliana

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Leah Tharin
Manager di prodotto @Smallpdf